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Autore: Gabriele

Mirco Desolei (Eat You Alive, Double Me, Here And Now! Records) – Intervista: Padova, l’hardcore, il DIY e tanto altro

Non saprei dire da quanti anni conosco Mirco (noto ai più come Mirchetto), so solo che sono parecchi.
Si è sempre sbattutto alla grande e penso che ci sia molto da imparare. Per questo ho deciso di intervistarlo, per vedere cosa avesse da dire sull’hardcore, sulla sua città (Padova), sul DIY, sui suoi progetti (canta negli Eat You Alive e nei Double Me e gestisce Here And Now! Records, organizzando spesso anche bei concerti). Sentiamo cosa ha da dirci.

  • Antisexy, Eat You Alive, Double Me. Here and Now Records. Mille concerti organizzati a Padova e dintorni. Presentarti così è comunque riduttivo. Chi è Mirco Desolei, dentro e fuori l’hardcore?

Ciao Gab! Innanzitutto volevo ringraziarti un sacco per l’intervista. Ammetto che sono stato sorpreso e allo stesso tempo felice della proposta. E’ sempre un buon metodo per fare quattro chiacchiere tra amici!

Per quanto riguarda la domanda è difficile dare un’immagine di se ma proviamoci, cercherò di essere succinto. All’interno dell’hardcore sono semplicemente uno con poche capacità musicali che per forza di cose si è ritrovato a cantare, cercando di proporre, per quanto difficile sia all’interno del genere, dare un’impronta personale ai vari gruppi, fortunatamente ho sempre trovato splendide persone con cui farlo. Per i concerti e l’etichetta è stata quasi una necessità cercare di dare il mio piccolo supporto a gruppi e amici che avevano l’esigenza di suonare e portare avanti messaggi nei quali molte volte mi rispecchio. E’ stato tutto abbastanza naturale.

Al di fuori sono una persona come tante, con i vari problemi che la vita ti mette di fronte, amante della pizza fino all’ossessione, alla ricerca di un lavoro “decente”, poche amicizie ma buone e serate passate a giocare a briscola o risiko hehehe o a leggere quasi tutto quello che mi passa per mano.

  • Cosa ti spinge a continuare ad impegnarti nei mille progetti che porti avanti e a dare il tuo contributo come organizzatore di concerti?

Per quanto riguarda i concerti devo dire che ultimamente ho un po’ ridefinito gli impegni. Dopo un periodo roseo, denso di date e pubblico, ho notato come molti ad un certo punto preferivano stare al bar piuttosto che vedersi band che si smazzano anche centinaia di km per suonare da noi, quindi ho preso una piccola pausa tranne casi eccezionali; diciamo che ero deluso ma sono cose che capitano negli anni. Here And Now! records, Eat You Alive e Double Me (i miei gruppi attivi) mi danno la possibilità di conoscere gente da cui si continua ad imparare e con la quale si possono condividere esperienze. Lo trovo molto più interessante che giocare a calcio o fare le solite chiacchiere da bar, ma ad ognuno il suo. Probabilmente come si parlava con amici poco tempo fa, ci ritroveremo tra 10 anni ancora noi vecchietti a concerti con la distro a vedere i giovani che si spaccano le ossa sotto il palco.

 

  • Quali sono le conquiste che ti hanno dato più soddisfazioni in questi anni? Qualche concerto in particolare? Qualche disco in particolare?

Beh, ammetto che di soddisfazioni me ne sono tolte parecchie. Per quanto riguarda i concerti organizzati, nel caso assieme al mio amico Sonny, penso i due più belli siano stati quelli dei Coke Bust e dei Citizen Patrol / Clearview per l’affluenza, non pensavamo andasse così bene. Comunque qualsiasi concerto è stata un’esperienza positiva.

Parlando dei gruppi, oltre ai concerti in Italia, è stato bellissimo riuscire a fare dei tour all’estero, organizzandoci con le nostre forze, senza essere per forza un gruppo sotto chissà quale etichetta altisonante. E’ stupendo vedere come con un po’ di impegno si riesca ancora ad andare a suonare quasi ovunque senza scendere a compromessi con l’industria discografica.
Dischi? Sono affezionato a tutti quelli che ho fatto uscire per svariati motivi. Gli ultimi due in senso cronologico ora mi stanno ancora dando notevoli soddisfazioni, ovvero Storm{o} e Crop Circles, hanno pubblicato due album semplicemente incredibili, oltre ad essere splendide persone.

  • Cosa c’è di buono e cosa c’è di meno buono a Padova al momento per quanto riguarda l’hardcore? Cosa vorresti vedere crescere e cosa suggeriresti per far sì che ciò avvenga?

Padova è una città molto viva da un certo punto di vista. Nascono (e muoiono purtroppo) molti gruppi in continuazione, molti si inventano spazi dove organizzare concerti come il proprio giardino di casa, seminterrati, bar dei cinesi… La gente è abbastanza amichevole, se può da una mano volentieri, ai concerti in molti casi ci si trova praticamente a casa, c’è sempre qualcuno che viene per farti una battuta o chiederti come vanno le cose. Purtroppo ci sono pochi spazi e puntualmente si devono declinare proposte per concerti vari. Manca anche un ricambio generazionale per quanto riguarda l’organizzazione di serate. Ci sono dei ragazzi che ora si stanno muovendo e spero altri si rimbocchino le maniche. Una cosa che non ho mai capito è come mai se vado a concerti fuori Padova trovo puntualmente dei padovani che pur di vedere qualcosa si fanno ore di strada, ma in molti casi non capita mai il contrario. Non è una critica ma una semplice osservazione. Forse siamo brutti, ma non siamo cattivi, credetemi!!

  • E’ inevitabile ammettere che anche l’hardcore è un genere soggetto alle mode. E’ una cosa del tutto negativa oppure è un dato di fatto del quale prendere atto?

 

Le mode ci sono sempre state e sempre ci saranno. Ho visto gente tatuarsi frasi a caso per poi non vederli più ai concerti ma darsi all’indie. Magari aspettare prima di fare certe stronzate no? Comunque per quanto reputi una cosa totalmente inutile seguire una moda e non cercare di coltivare le proprie passioni, alla fine qualcuno tramite questa si avvicina sinceramente al genere e ai contenuti, in questo caso allora posso anche chiudere un occhio hahahaha

  • A mio avviso in questo momento in particolare, salvo alcune eccezioni, sia in voga un certo tipo di hardcore con poco carattere, poca umanità, ma tanti decibel fini a se stessi. Non intendo dire che per forza di cose l’hardcore debba avere testi politicizzati, anzi, spesso questa radicalità imposta (o forse impostata) si traduce in pochezza di comunicazione e slogan ritriti che entrano in un orecchio ed escono dall’altro. Però qualcosa dopo un concerto deve rimanerti; un disco qualcosa deve darti. O sbaglio? Sono un ingenuo sognatore?

La vedo nello stesso modo in effetti. Purtroppo fa figo dire frasi scontate che ci sorbiamo da decenni. Per quanto siano anche temi importanti a volte vengono svuotati e perdono il senso intrinseco. In molti casi si cerca di essere come gli altri si aspettano dobbiamo essere piuttosto che esprimerci in maniera “sincera”. Internet ha fatto scoprire a molti questa cultura ma l’ha anche denaturalizzata per certi versi. Ben venga la possibilità di far sentire a migliaia di persone il proprio gruppo o di far girare i dischi, ma l’hardcore dovrebbe essere prima di tutto un momento di socialità e scambio di opinioni, un modo per portare avanti idee e concretizzarle. Molti si son dimenticati di questo e l’hardcore come dicevi è diventato uno slogan ma per fortuna c’è chi lo porta avanti ancora con passione ed un certo criterio.

  • Hardcore, politica, DIY. E’ possibile coniugare le tre cose pur mantenendo un livello di qualità dei dischi e dei concerti alto? Oppure la qualità è una prerogativa del mainstream e fare le cose in prima persona, secondo una visione “politica” del proprio coinvolgimento diretto, corrisponde inevitabilmente ad un risultato più approssimativo?

L’hardcore in molti casi è una presa di posizione, di conseguenza è politica. Non credo che le cose si possano scindere. Almeno per quanto mi riguarda. DIY è anch’esso in un certo senso politica, di conseguenza le tre cose vanno a braccetto ed è la forma più genuina possibile per fare le cose.

In molti casi il DIY è stato associato al dover fare le cose fatte male ma non sono d’accordo. Per farti un esempio ora come ora molte persone hanno uno studio di registrazione a casa e possono registrare le band con una qualità superiore a qualche anno fa, ad un prezzo accessibile a tutti senza svenarsi. Quindi no, il mainstream ha molte più possibilità, ma l’underground si può difendere in maniera più che dignitosa.

 

  • Quali sono i dischi usciti in Italia che ti hanno colpito di più recentemente?

Tralasciando le uscite della mia etichetta (sarei ovviamente di parte) e dischi stranieri direi Ghost dei Left In Ruins, dove sono riusciti a fare un disco davvero interessante ma più di tutti sicuramente Un Pezzo Alla Volta dei xPUSx, semplicemente meraviglioso. Dalle scelte stilistiche ai testi. Non cambierei nulla di quello che hanno fatto, non ti stanchi mai di ascoltarlo.

  • Nonostante alcuni pregevoli esempi, In Italia c’è secondo me carenza di etichette che si danno da fare per andare oltre alle coproduzioni da 25 euro, che vedono poi una manciata di dischi dati in mano a chi poi non ha nemmeno l’interesse a promuovere l’uscita o la band e che li scambia per la propria collezione privata o per qualche birretta ai concerti. Here And Now Records nel corso degli anni è invece cresciuta, senza raggiungere dimensioni colossali, ma comunque ritagliandosi il proprio spazio e contribuendo in maniera consistente all’uscita di vari dischi anche di un certo calibro (cita qualche titolo per i nostri lettori e lettrici!). Hai mai pensato di rendere Here And Now Records la parte principale della tua vita?

Purtroppo si, ci sono poche etichette che producono o coproducono in maniera “decente”. Purtroppo qualcuno non ha abbastanza soldi per farlo, non è da far loro una colpa ma sperare piuttosto che negli anni abbiano più possibilità; poi c’è chi lo fa solo per impegnare del tempo. Nell’ultimo caso forse non hanno capito che promuoversi come etichetta DIY non vuol dire fare le cose alla cazzo ma dubito che lo impareranno mai. Ci sono però etichette che spaziano tra i generi che risultano molto interessanti come Gusto Rana, Grindpromotion, Epidemic, Annoying [aggiungo la fondamentale Shove Records, ndEpidemic] per citarne alcune. Certo, se guardiamo ad etichette tedesche per esempio siamo distanti anni luce ma questi si stanno ritagliando un loro spazio più che meritato.
Con Here And Now! ho dato una mano a gruppi come i già citati Crop Circles, Storm{o} ma anche Common Enemy, Fuser, Carlos Dunga, Lyon Estates, Congegno, Attrito, My Own Voice, Deep Throat, A Fora De Arrastu, xKatexMoshx, per citarne alcuni, oltre ai miei gruppi per ovvie ragioni.
A dire il vero ci ho pensato più volte a far diventare HAN! la parte principale della mia vita ma non sono mai stato un grande commerciante per quanto riguarda la musica, ho sempre prodotto a gusto personale o per ragioni di amicizia con le band, non riesco a pensare al fatto se il gruppo venderà 1 o 1000 copie quindi credo che la cosa più verosimile sarà continuare con questo modus operandi e cercare di fare uscire dischi a mio avviso degni di nota, magari meno ma con una partecipazione più importante.

  • Cosa bolle in pentola per Here And Now Records? Se non sbaglio è appena uscito il nuovo disco degli Storm{o}. Qualche commento a caldo? Qualche anticipazione?

Entro giugno credo riuscirò a far uscire il prossimo split Common Enemy / Eat You Alive, Double Me / Lifes (gruppo americano che si sta ritagliando uno spazio considerevole nei live di oltre oceano), il disco dei Cioran e uno split tra Jack e Bömbatölcsér. Sono 4 produzioni che mi impegneranno abbastanza vista la mancanza di pecunia di questo periodo. Subito dopo ci sarà uno split Double Me / xHANSOLOx, gruppo powerviolence di Milano molto interessante e grandi persone. Mi stanno arrivando proposte in continuazione ma purtroppo non posso fare altro. Sto valutando con attenzione delle uscite che mi fanno venire l’acquolina ma per ora è meglio non dire nulla, non vorrei portarmi sfortuna da solo (cosa che capita spesso hahaha).

Gli Storm{o} stanno avendo critiche molto positive da siti in italiani ma anche europei e americani quindi non posso che essere felice di averli aiutati, anche se a dire il vero era ovvio che avessero certi risultati visto il gran lavoro che hanno prodotto.

 

  • A te il microfono per dire quello che vuoi. Da parte nostra non ci sarà rappresaglia. Al massimo qualche lettore o lettrice verrà a cercarti a Padova!

Rinnovo i miei ringraziamenti a te Gab e spero ci si veda prestissimo! E’ sempre un piacere.
Non dirò nulla di troppo offensivo, tanto faccio sempre cazziatoni alla gente quando li vedo di persona hahahaha.
Quindi supportate il DIY (in maniera decente ovviamente).
Un abbraccio!

INFO:

Double Me
www.facebook.com/doublemepv
http://doublemechinaski.bandcamp.com/

Eat You Alive
www.facebook.com/pages/Eat-You-Alive/136274436450834
http://eatyoualive.bandcamp.com/


Here And Now! Records

stillburns_pdhc(at)hotmail.com
www.facebook.com/HereAndNowRecords
http://hereandnowrecs.wordpress.com/

Rise Clan clothing distributed by Epidemic Records

[ENGLISH | Segue in italiano]

Epidemic Records is now official partner of Rise Clan!

Rise Clan is a D.I.Y family-owned and operated business founded in 2008. Started as a Vegan and Sweatshop Free company, now all the new collections are printed on organic cotton, fairtrade and climate neutral clothing.

Rise Clan first stocks are now available at Epidemic Records E-Store!

You will find T-shirts, tote bags and patches. Other Rise Clan products will be available in the future.

We are more than happy to start this new cooperation with Rise Clan: we have a common background that gave life to a long time friendship, which is now the main reason we decided to start this cooperation.

You can find all the Rise Clan products by following this link:

http://www.epidemicrecords.net/?s=%28Rise+Clan%29&post_type=product

[ITALIANO]

Epidemic Records diventa partner ufficiale di Rise Clan!

Rise Clan è un’azienda DIY e a gestione familiare fondata nel 2008. Avviata come vegan e sweatshop free company, ora tutte le nuove collezioni sono stampate su cotone biologico (organic), equo-solidale (fairtrade) e abbigliamento neutro per l’ambiente (climate neutral).

I primi stock Rise Clan sono già disponibili sull’E-Store Epidemic Records!

Troverete magliette, borse e toppe. Altri prodotti Rise Clan saranno disponibili in futuro.

Siamo più che contenti di avviare questa nuova collaborazione con Rise Clan: abbiamo un background comune che ha dato vita ad un’amicizia di lunga data, che è oggi il principale motivo per il quale questa collaborazione è iniziata.

Potete trovare tutti i prodotti Rise Clan seguendo questo link:

http://www.epidemicrecords.net/?s=%28Rise+Clan%29&post_type=product

Podcast della puntata dedicata ad Epidemic Records su “SporcoDentro” – Radiocroda.com

E’ disponibile online il podcast della puntata numero 5 (05.02.2014) di “SporcoDentro”, trasmissione della webradio Radiocroda.com dedicata all’hardcore e ai suoi molteplici aspetti.

Condotta dall’amico di vecchia data Valva (già bassista nei Lamantide), la trasmissione ha dedicato uno speciale ad Epidemic Records.

Si parla di cose serie e si ride e scherza, come è giusto che sia.

Qui potete ascoltare la puntata in streaming:

SPORCODENTRO #005 – Sporcodentro meets Gab 2014/02/05 by Sporcodentro – Radiocroda.Com on Mixcloud

Per supportare Radiocroda.com e SporcoDentro ecco i link:

www.radiocroda.com
https://www.facebook.com/sporcodentro.radiocroda

Buon ascolto!

Left In Ruins: new video online

Left In Ruins, newcomer in the Epidemic Records family, has just released a video for their song “I’m Bored”.

The song is taken from their new work “Ghost”, released by Epidemic Records, Per Koro Records and Ruins Records.

Mario at Ruins Records is the guy who developed the video, which premiere has been featured on Idioteq.com

 

 

From Idioteq.com:

Olly from Left In Ruins gave us this exclusive commentary about the video:

In the society we live in, we are often driven to seek our identity behind flags, symbols or slogans.
“I’m Bored” is about the time when you understand that everything you were following is meaningless and you easily get bored by hearing always the same words.
The video was shooted in Slovenia (our friends Crop Circles’ practice room) by Piff and Slavio and edited by Mario of Ruins Records.

Asked about “what’s up at their camp”, he added:

We are on a short break till May ’cause Piff is in India taking inspiration for a new LIR record. In Summer we will go on tour again.
See you on the road!

 

The Smashrooms: new video online

THE SMASHROOMS: NEW VIDEO ONLINE

The italian hardcore trio releases a lyric video from the new album “Wildfire”.

The three piece The Smashrooms from Brescia, Italy, present a new video for the song “Antifa And Alert”, taken from the new album “Wildfire”, released through Epidemic Records in July 2013.

The importance of the lyrics for the band can be found in this video, which is completely focused on them. As The Smashrooms states in the album’s inlay: “We hope that these songs might create a bond between people, to fight the alienation, in the collective practice of blending fun and commitment”.

For this video The Smashrooms worked with the young videomaker Andrea Bignami.

 Link to the video: http://youtu.be/MZNizqfS1Cs

Info:
www.facebook.com/smashrooms
www.smashrooms.bandcamp.com
www.facebook.com/epidemicrecordshc
www.epidemicrecords.net

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THE SMASHROOMS: NUOVO VIDEO ONLINE

 Il trio hardcore bresciano pubblica un lyric video tratto dal nuovo album “Wildfire”.

 I tre degli Smashrooms da Brescia presentano un nuovo video per la canzone “Antifa And Alert”, tratta dal nuovo album “Wildfire”, uscito per Epidemic Records nel Luglio 2013.

 L’importanza dei testi per la band si può ritrovare in questo video, che è completamente concentrato su di essi. Come lgli Smashrooms affermano nell’inserto dell’album: “Speriamo che queste canzoni possano creare un legame tra le persone, per combattere l’alienazione, nella pratica collettiva che vede la fusione di divertimento e impegno”.

 Per questo video gli Smashrooms hanno lavorato con il giovane videomaker Andrea Bignami.

 Link al video: http://youtu.be/MZNizqfS1Cs

Info:
www.facebook.com/smashrooms
www.smashrooms.bandcamp.com
www.facebook.com/epidemicrecordshc
www.epidemicrecords.net

KALASHNIKOV COLLECTIVE: più che una band – intervista – [italian only]

I Kalashnikov (o meglio, Kalashnikov Collective) sono più che una band e negli anni l’hanno saputo dimostrare al meglio. Una realtà creativa, vivace e al di fuori di molti schemi. Intervistarli è stato un piacere: leggere risposte così sincere e che hanno il sapore di una coscienza conquistata e forgiata negli anni mi ha fatto apprezzare ancora di più la genuinità di questa band… che è più che una band!
I loro discorsi valgono per tutti, dai punk più trasandati ai kids più modaioli: tutti dovrebbero fermarsi, leggere e riflettere. Perchè da alcune persone c’è proprio tanto da imparare, che si possa condividere o meno la visione che propongono.

Poche chiacchiere. Ecco a voi una bella intervista: Kalashnikov Collective, romantic punx da Milano!

 

 

1) Kalashnikov Collective: un collettivo quindi, non una band. E’ una provocazione oppure c’è del vero in questo? Cosa c’è di diverso nel rapporto tra i vari membri del gruppo? E verso la musica in generale?

Collettivo significa “persone che stanno insieme per un fine comune”. Il termine band, o gruppo, invece indica “persone che stanno insieme per suonare”, ciascuna identificata nel suo strumento o nel suo ruolo predefinito. Troviamo che la parola collettivo sia più libera e, perciò, maggiormente adatta a descrivere quello che facciamo, dove sono importanti le idee, non tanto l’affermazione narcisistica della persona. Nessuno di noi si identifica particolarmente con lo strumento che suona, come farebbe un qualsiasi “professionista”: piuttosto ciascuno aiuta gli altri portando avanti un pezzo del progetto Kalashnikov, che utilizza la musica, scrittura, immagini e il nostro stesso modo di essere per veicolare idee libertarie. Nessuna facile provocazione, quindi! Infine ci sembrava giusto per ripensare anche ciò che si da per scontato, come il fatto che se suoni assieme ad altre persone devi per forza definirti come una “band”. Questo termine ricorda il “divismo”, l’idolatria nei confronti del musicista promossa dal music-business ufficiale, con relativo codazzo di “fans” consumatori da ammansire affinché continuino ad acquistare. Tutto questo non ci appartiene, per cui…ebbene sì, siamo un collettivo!

2) Suonate una musica molto personale, una ricetta tutta vostra che potrebbe essere quasi identificata come visionaria. Da dove deriva questa ecletticità? E’ tutta farina del vostro sacco oppure anche voi come tutti avete delle band di riferimento?

Quando abbiamo iniziato con i Kalashnikov (alcuni secoli fa) eravamo volevamo semplicemente suonare la musica che ci sarebbe piaciuto ascoltare. Può sembrare un po’ pretenzioso, ma alla fine è così. Siamo cresciuti ascoltando punk: il nostro immaginario, la nostra etica, la nostra ispirazione è sempre stata legata a quel mondo; però non ci siamo mai identificati in quell’immagine machista e ginnica dell’h.c. che andava di moda negli anni ’90 (anni nei quali siamo cresciuti), quell’intransigenza sonora, quell’essere per forza “a muso duro”, il fatto di dover suonare a tutti i costi veloci, rumorosi, cinici… né ci piaceva l’attitudine cazzonara di tante band punk-rock dell’epoca. Tutti, bene o male, avevano come riferimento gli Stati uniti, quella sottocultura da cui venivano fuori i Green day, i Nofx e tutti i gruppi più o meno “divertenti” degli anni ’90. Noi invece amavamo i Wretched, i Discharge, gli Anti-cimex, gli Aus Rotten, i Nausea, il crust giapponese, tutto il vecchio anarco-punk inglese del giro Crass… quell’immaginario, quella urgenza, quel modo di intendere il punk, molto politico e con radici profondamente e fieramente DIY… Però amavamo anche musicisti che non avevano a che fare con il punk e che avevano scritto belle canzoni con testi poetici, che potevano essere inni contro il sistema, contro un certo modo di vivere e affrontare il mondo, che raccontavano storie in grado di emozionare, far piangere, far gioire… Con i Kalashnikov volevamo trovare una specie di via in mezzo a tutto questo: essere punk (non potevamo essere nient’altro, direi!), ma in un modo nostro che unisse la poesia e la politica, l’amore e l’anarchia, il significato e la musica, in maniera organica, senza dover per forza essere o incazzati o melensi. Un po’ come quello che hanno fatto alcuni gruppi punk originali, che hanno cercato di andare aldilà degli schemi punk/hc (mi vengono in mente i Chumbawamba, ma anche altri gruppi inglesi di cui si conosce poco del periodo successivo agli esordi punk, come Anti-Nowhere League, Blitz, Chron Gen, Uk Subs, Angelic Upstarts … che negli anni ’80 inoltrati incisero dischi davvero belli e strani, che non suonavano più classicamente punk rock), oppure musicisti come Robert Wyatt, Peter Gabriel (in Inghilterra), il Banco del Mutuo Soccorso, gli Area (in Italia), che tra gli anni settanta e gli ottanta non hanno mai rinunciato a scrivere musica “politica” e creativa pur nel contesto del music businnes e secondo le formule pop, seguendo una strada tracciata da loro e da nessun altro.

Da tutto questo è nata quella definizione un po’ contraddittoria e provocatoria di “romantic punk”. Non c’è niente di apparentemente romantico nel punk, ma siamo tutti umani, viviamo tutti di passioni, emozioni, sentimenti più complessi dell’odio e della rabbia… quindi perché negarlo? Nella nostra prima cassetta si leggeva: “Perché essere punk se puoi essere te stesso?”, una frase che colpì molto chi la leggeva, anche se oggi non la userei più, perché mi sembra un po’ trita e facile da fraintendere… il suo significato era semplicemente: basta omologarsi ai soliti modelli! Anche se si tratta di modelli “alternativi”, come il punk, che tra l’altro, in quegli anni (fine ‘90), era diventato un genere musicale di massa e non rappresentava più un bel niente di realmente alternativo. Autodeterminazione!

A livello strettamente musicale, ci siamo sempre sentiti liberi di fare quello che ci piaceva, senza pensare al fatto che una cosa o l’altra non fosse adatta per il “genere”. L’importante era scrivere belle canzoni e realizzare le idee che avevamo in testa, aldilà del riff, degli arrangiamenti o delle scelte di suono. Fin dall’inizio dei Kalashnikov ascoltavamo generi musicali che non c’entravano nulla col punk, dal rock psichedelico degli anni ‘60 (Doors in particolare) al rock progressivo di gruppi come King Crimson, Camel, Genesis, dall’ambient dei musicisti kraut-rock come Popol Vuh, Tangerine Dream e Klaus Schulze alla musica etnica e tradizionale, in particolare quella russa, che all’inizio dei Kalashnikov ci influenzò molto. Il nome “Kalashnikov” è nato proprio per dire: la nostra ispirazione non arriva da ovest (gli USA), ma da est! Una specie di scelta di campo da tempi della Guerra Fredda! C’è stato un periodo in cui ascoltavamo tantissima musica tradizionale russa, eravamo andati anche ad un terribile concerto del corpo di canto dell’Armata Rossa… il pubblico era composto da settantenni, ma ci divertimmo un sacco, era bellissimo sentire quelle melodie, quei brani che conoscevamo a memoria suonati dal vivo, anche se si trattava di qualcosa di molto simile ad un’orchestra di liscio… Questo per farti capire che musicalmente siamo sempre stati molto eclettici e non ci siamo mai preoccupati che una cosa appartenesse ad un genere piuttosto che ad un altro. L’etica punk ci ha insegnato che spesso le cose importanti stanno dietro all’apparenza “musicale”, ovvero nell’attitudine, nell’approccio, nel significato, in quello che trasmetti e comunichi.

3) Siete un gruppo composto da persone che prestano molta attenzione alla politica. Come vedete l’etichetta, spesso abusata, di “gruppo politico” che viene data a band punk e hardcore? Pensate che sia riduttivo, limitante e vincolante oppure c’è del buono in questa definizione?

C’è un certo fraintendimento sulla parola “politica” e sul concetto di “band politica”… Noi la vediamo in questi termini: ci sono gruppi che fanno veri e propri proclami politici, altri invece che – come noi  – parlano di altre cose nelle proprie canzoni però poi risultano ugualmente un gruppo “politico”. Perché? Perché la politica, al nostro livello, è una questione di scelte di vita, di etica, di rapporti umani, di tensioni, non di tessere, ideologie, di proclami… La politica nella sua accezione parolaia e sloganistica non ci piace: quello che ci interessa è la vita, nella quale le scelte “politiche” vengono messe in pratica, dove diventano azione, rapporti sociali, quotidianità. Ognuno di noi, nel collettivo, ha le proprie convinzioni politiche ed etiche, partecipa al movimento in maniera differente, mentre con il gruppo quello che ci interessa fare di “politico” è portare avanti l’idea di un certo modo di fare le cose, di vivere in mezzo alla gente. Non vogliamo essere un gruppo anarchico, autonomo, eco radicale, vegano… cioè legato a determinato “bandiere”…  non vogliamo essere catalogati sotto un’etichetta ideologica; quelle cose (vegano, anarchico etcetc…) ciascuno di noi sceglie di esserle nella vita e di comportarsi di conseguenza, e tutti noi cerchiamo di portare le nostre scelte tra le persone che frequentiamo, nei posti dove andiamo. Siamo percepiti come gruppo politico perché noi siamo persone che danno importanza a certi valori, a certe idee, e tutti lo sanno, lo capiscono da quello che facciamo e da come lo facciamo. Che poi cantiamo storie d’amore o di “fottere il sistema”, poco importa. Il punk non è nato dai proclami politici: è nato come prassi rivoluzionaria, almeno per quanto riguarda l’organizzazione sociale, le gerarchie, l’arte, il mercato. E’ stato un movimento nato anche dal disgusto delle nuove generazioni per la politica fatta nelle sedi di partito, nei libri e nei comizi, e che ha proposto/rivalutato una “via politica” al fare (musica, concerti, ma anche altro) che bastasse a se stessa, un modo di vivere con le persone e il mondo che ti circonda, un sistema alternativo di valori estetici, un modo pratico per rifiutare le regole del mercato capitalista e della società dei consumi… Questa è la base. Poi vengono i testi politici, poi vengono le prese di posizione, le rivendicazioni di appartenenza, gli slogan etcetc… ma prima di tutto il punk è un modo di fare e di vivere con gli altri nel quotidiano, che si rispecchia nella gestione del tuo gruppo e della tua musica. Senza questo aspetto non c’è il punk, c’è solo un genere musicale come tanti altri.

4) Recentemente avete pubblicato un ironico (ma comunque realistico) manualetto di istruzioni per chi volesse invitarvi a suonare (doverosa la lettura: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10151706763877717&id=76292207716 ). Era ora che qualcuno dicesse certe cose, che possono sembrare ovvie a chi usa un minimo di criterio nel far le cose, ma che per molti ancora suona come assurdo. Che risposta ha avuto questo breve testo? Pensate che ci sia il modo di cambiare le cose per quanto riguarda l’organizzazione di eventi che richiedono l’apporto musicale/artistico di band per cause legate all’attivismo politico?

Noi siamo molto conosciuti nel giro per la nostra disponibilità a supportare gli spazi occupati e a sostenere i benefit per i compagni e le compagne che si trovano in difficoltà;  cosa che facciamo sempre con spirito di solidarietà e complicità; il che tradotto, significa che non chiediamo mai un tot di soldi né abbiamo particolari pretese quando andiamo in giro a suonare. In oltre dieci anni di attività di situazioni scassate ne abbiamo vissute parecchie, ma questo non ci ha fatto certo cambiare idea sulle scelte etiche che abbiamo fatto e facciamo tutt’ora.

Ci piace però anche essere onesti con noi e con gli altri, e siamo anche persone spiritose che amano farsi due risate, anche di fronte alla più disagevole delle situazioni e alla disorganizzazione più clamorosa. Diciamo che siamo abbastanza di bocca buona: abbiamo dormito in furgone in pieno inverno, sul palco dopo il concerto, in un fienile invaso dai topi, in posti senz’acqua e senza elettricità, in case pericolanti, in mezzo alla merda di cane, in letti invasi dalle formiche, con il sole in faccia, la musica a palla per tutta la notte, con la gente che scopava sul materasso di fianco, in un orto abusivo, in posti in cui non ci stavamo nemmeno sdraiati, in sette in un camper, in una tenda in mezzo al bosco con due gradi sottozero, mangiato riso da un catino, bevuto acqua piovana, tornati a casa alle cinque del mattino in mezzo a bufere di neve, banchi di nebbia impenetrabili, dopo centinaia di chilometri di veglia… insomma, hai capito.

Però è anche vero che per evitare situazioni disagevoli e garantire ai gruppi un minimo di confort basterebbe un piccolo sforzo d’attenzione in più. Niente di che. E’ questo che volevamo dire con quella specie di vademecum.

Per quanto riguarda nello specifico i benefit, sintetizzerei tutto dicendo che a volte i benefit si trasformano in malefit, per i gruppi che ci suonano (che non prendono un centesimo per il rimborso), per gli organizzatori (che ci smenano pure loro dei soldi). Ovvero: spesso sarebbe meglio che i gruppi (anziché prendere il furgone, regalare soldi alla società autostrade, agli autogrill, ai benzinai, sparandosi un mare di chilometri) facessero una bella e sana colletta tra loro, spedendo i soldi da casa direttamente al destinatario del benefit. Suonare benefit davanti a dieci persone e tirar su 30 euro da devolvere alla causa è simpatico, e tutto sommato ci fa sempre piacere, ma a volte qualche domanda te la fai. E’ un discorso molto razionale, e per questo un po’ grigio, lo so, però se è la causa ad essere importante, allora è giusto che le energie vengano convogliate in essa, e non che la causa diventi un mero pretesto per organizzare un concerto a costo zero.

In fondo, ciò che bisogna fare per migliorare, come dici, “l’organizzazione di eventi” sta proprio nella tua frase: ovvero nell’organizzazione! E’ banale, ma è il primo (e forse anche l’ultimo?) passo: sbattersi, organizzare al meglio e curare ogni aspetto con la medesima passione, con senso di realtà e senso pratico! Almeno questo. Poi le cose possono sempre andar male comunque, ma almeno quello che è in tuo potere l’avrai fatto!

La risposta che ha avuto il nostro post? Beh, grandissima solidarietà da parte dei “musicisti” come noi… e nessun riscontro da parte del resto del mondo!

5) Se non sbaglio portate avanti anche una distro. Cosa distribuite? E sempre se non sbaglio, mi sembra di aver capito che la distro funziona ad offerta libera. Qual’è la risposta del pubblico a questo tipo di iniziativa?

Sì, abbiamo una distro di materiali (dischi, libri, ‘zines, magliette e toppe…) legati al circuito DIY o anarchico-libertario. Cercando una coerenza con questo tipo di idee, abbiamo pensato di rifiutare la logica della “vendita”, dove i ruoli e le gerarchie sono rigidamente definite, per rifarci a qualcosa di più simile al “baratto”. Così è nata questa idea del “prezzo libero” che, dobbiamo dire, è stata davvero azzeccata perché spiazza e spinge a porsi delle domande. Quando qualcuno si avvicina al banchetto e ci chiede “Quanto costa?”, si sente rispondere: “Quello che pensi che valga”. In una società dove il valore delle cose è sempre suggerito da un cartellino del prezzo, fermarsi a soppesare la reale utilità degli oggetti, significa superare il concetto di “merce”, dove le cose invece servono per quanti euro ci possono far guadagnare o spendere. Inoltre, è divertente vedere quanto le persone a volte si trovino spiazzate da questa insolita domanda: in effetti, per quanto sia ovvia, nessuno ce la rivolge mai! Questo espediente ribalta la gerarchia di potere tra chi vende e chi compra, dando a quest’ultimo la completa facoltà di decidere, ponendosi di fronte all’interrogativo etico se approfittarsi o meno di questo inaspettato vantaggio. E’ una pratica che mette in gioco concetti come sincerità, solidarietà e complicità tra chi compra e chi vende: in fin dei conti, prendere qualcosa dalla nostra distro significa supportare le nostre attività, essere in qualche modo parte del nostro collettivo. In definitiva, è un nuovo modo di intendere lo scambio di cose, valorizzando le idee e la sostanza, non più il profitto e il tornaconto personale. Immagino che molti si chiederanno se la cosa possa funzionare e sia, per così dire, “sostenibile” per chi la pratica. Beh, noi la pratichiamo da qualche anno ormai…Se funziona? Provate voi stessi!

6) Avete avuto modo di suonare anche all’estero, in Paesi come la Germania e la Grecia, due realtà che in questo momento storico sono forse quasi due esempi antitetici nell’analisi della situazione socio-economica europea. Come avete percepito le rispettive comunità punk? E che risposta ha avuto la vostra musica? Quali sono le cose che vi sono piaciute e che vorreste importare in Italia?

Germania e Grecia, ovvio, sono molto diverse, ma le scene di entrambi i paesi rappresentano realtà molto belle per quanto riguarda il punk e il DIY. La Germania, per noi, rappresenta un sano equilibrio tra musica e attivismo, tra buona organizzazione, diciamo,  “tecnica e logistica” e un contesto nel quale si respira un interesse per tutto ciò che sta dietro all’etica DIY e ha a che fare con la politica. Un altro aspetto che amo della Germania: ai tedeschi interessa poco chi sei, come ti vesti, qual’è la tua provenienza o quanti amici hai su facebook: ai tedeschi interessa la sostanza, la musica, quello che fai e quello che dici. E’ un fatto molto importante, che determina il fatto che non si creino tante divisioni tra generi e ambienti, come accade da noi.

Certo, la Germania è un paese relativamente ricco e con un welfare solido: questo potrebbe far pensare che lì sia tutto più semplice; può far sospettare che la musica e l’attivismo politico se lo possano permettere in particolare quelle persone che vivono una certa stabilità di vita… in questo senso si inserisce il discorso sulla Grecia, che è forse una delle realtà più vitali che abbiamo mai visto nel contesto punk DIY. Lì la situazione economica la si conosce tutti, ed è tangibile una volta che si mette piede da quelle parti. Fatto sta che la cosiddetta crisi non ha minimamente scalfito l’entusiasmo e l’attivismo della comunità punk greca. Anzi, forse lo ha addirittura rafforzato. Noi siamo stati a suonare in Grecia tre volte, la prima nel 2007, quindi precedentemente alla “crisi”, e abbiamo visto crescere l’entusiasmo in questi anni. Lo scorso marzo, nell’attuale situazione socio-economica del paese, abbiamo suonato all’università occupata di Atene, davanti a più di mille persone: situazioni e numeri impensabili per la nostra (e non solo) scena punk. Oltre alla passione e alla voglia di partecipare, trai greci c’è l’idea che la politica sia un fatto che coinvolge tutti: tutti si sentono “politicizzati”, costretti a prendere una posizione sulla realtà che li circonda. Questo forse è un po’ paragonabile a quello che succedeva anche in Italia negli anni ’70: partecipazione, attivismo e politica erano aspetti del quotidiano.

Per quanto riguarda la nostra musica, direi che fortunatamente ha sempre un buon riscontro all’estero. Dal vivo facciamo i pezzi più ballabili, perché pensiamo che la musica punk sia fatta anche per questo, oltre a far pensare, deve essere una festa da condividere con le persone che hai davanti, intorno. In paesi come Germania e Grecia, come già detto, ci si fanno molte meno menate per quanto riguarda i generi musicali, la discendenza artistica di chi suona e gli aspetti estetici della questione. Questo è fondamentale, e vorremmo che fosse così anche in Italia (dove, purtroppo, è l’esatto opposto!).

7) Sul vostro blog si legge un trafiletto, intitolato “Coerenza”. (sulla colonna di destra, http://www.kalashnikov-collective.blogspot.it/). Vi scontrate spesso con questo genere di critiche? Siete sempre così positivi oppure delle volte vi chiedete “ma chi ce l’ha fatto fare?”, se non “ma perchè devono rompere le palle proprio a me?”

Fortunatamente, nel giro punk accade molto di rado, fuori molto più spesso. Il problema è che le persone hanno paura delle scelte radicali, delle prese di posizione nette, delle scelte controcorrente, perché mettono in discussione quel sistema di ovvietà che fanno andare avanti il mondo, permettendo loro di stare con il culo al caldo fregandosene dei problemi che stanno intorno. La massa tende al ribasso e sta bene nel suo brodo di mediocrità. Se metti in discussioni le sicurezze delle persone, nella maggior parte dei casi riceverai diffidenza e, nei casi peggiori, disprezzo. Il disappunto di tanta gente nasce dal fatto che gli rovini la tranquillità, gli ricordi che esiste una cosa che si chiama coscienza e che loro hanno seppellito tanto tempo fa… Però il problema non è nostro, sta fuori, per cui non ce ne preoccupiamo troppo…

8) Quanto è importante la musica nella nuova società che le varie correnti rivoluzionarie vogliono creare? E’ una proporzione giusta oppure secondo voi l’arte viene considerata poco nella costruzione di un mondo migliore?

La musica è poesia, letteratura, immaginazione… E’ una forma di comunicazione, un linguaggio molto potente. Però spetta ai musicisti utilizzarlo al meglio. E farlo funzionare! Ogni forma di espressione può cadere nell’insignificanza, nel mutismo, farsi sommergere dal frastuono di quello che sta intorno se diventa un gesto gratuito, narcisistico o dettato dalla noia. L’arte dovrebbe emozionare o far pensare per poter “funzionare”, per parlare ad un interlocutore; se non fa niente di tutto questo, purtroppo, scivola nell’indifferenza e resta mero intrattenimento. Che non c’è niente di male in sé, a patto che non si abbiano troppe ambizioni… perché così ci si abitua a sottovalutare la forza e il ruolo sociale dell’arte ed in particolare della musica: oggi ci si è abituati a pensare alla musica come ad un oggetto di consumo, una forma di intrattenimento che non deve prendersi troppe responsabilità, un gesto narcisistico, l’accessorio di un determinato look…

Comunque la musica, come tutte le espressioni “artistiche”, non cambia il mondo (purtroppo), ma può cambiare le persone alle quali spetta il compito di cambiare il mondo! E in particolare, pensiamo che l’arte cambi prima di tutto le persone che la praticano, che la fanno. E per arte non intendiamo qualcosa che appartiene ad una élite o qualcosa che necessita di particolari conoscenze o abilità per essere praticata, ma una cose per tutti. Una società che invitasse le persone ad essere artisti e a praticare liberamente l’arte sarebbe l’anticamera di un mondo migliore…

9) Per concludere, una domanda terra-terra: cosa bolle in pentola per i Kalashnikov? Cosa vi piacerebbe fare?

Semplicemente….continuare a fare quello che già facciamo! Ovvero: suonare viaggiando in giro per il mondo, registrare musica, portare avanti progetti nell’ambito degli spazi occupati, autogestendoci e intessendo relazioni di amicizia autentiche con chi pensa che, nel mondo, le cose non vadano esattamente per il verso giusto. Cosa ci può essere di meglio?

 

Info:

 

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Dato che a Natale (dicono) “siamo tutti più buoni”, eccovi un regalino!

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Passate delle buone feste! E che sia un 2014 hardcore!

 

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NO OMEGA: exclusive interview on tour – [english only]

NO OMEGA is currently on a long European Tour. They recently released a new album called “Shame” and played several shows all over Europe as well as a US tour.

They are now coming to Italy for six shows. Here’s an interview with them!

No Omega has been touring quite a lot. Is there anything different from the first experiences and the latest tours you’ve been on?

Well, a lot changes on many different levels. But I think the biggest differences are how we’ve grown as a live band from playing so many shows, and also how people have come to known about us of course. Playing some shows in front of around 100 kids who are going crazy, singing along, stage diving and all that. It doesn’t happen that often, but it does happen.

Another difference is how the first few tours were these huge adventures. Everything was new, exciting and it was even a bit scary. We try to keep that excitement by visiting new countries every tour, go some place new. Sitting in a van for about six hours everyday is not as exciting as it was before though, haha. But you get used to it.

You played Italy in 2011, so it was about time to come back. Six shows are quite a lot when bands on tour usually try to get no more than two or three in this Country. Is this a choice? Is it about trying to catch the attention of the italian audience or it’s just a mere tour-routing fact?

Yeah we really felt it was time to come back. Like I mentioned, we try to go to new places, new cities we’ve never been. We never really decided to do six shows, but yeah, we planned and hoped that it would be possible to do like a week in Italy. The reasons for this is that, since we haven’t been to Italy for two years and we don’t know when we’ll be back, we might as well do it properly, you know. Having a week also keeps the lengths of the drives to a minimum, which is nice. Also we’re so extremely tired of the Scandinavian winters, the cold north, that we really want to try and stay as south as possible for as long as possible, haha.

What do you expect from these italian shows?

Oh, we never expect that much from people. I mean it’s a lot more fun to play music in front of people who really likes our music and appreciates what we’re doing as a band, but we live for playing music and travelling. We hope to see at least a few stage dives and maybe a few sing-alongs. We really expect to see a few new places! We really look forward to sightseeing in Firenze and Bologna.

You have been recently to the US for a tour. How was it? What are the main differences between Europe and the US for a hardcore band on tour?

The US tour was great. It was awesome to have the opportunity to visit a different continent – different weather climate as well as a different social climate. Except for their extreme love of arms, militarism, capitalism and Christianity (which can sometimes be a bit scary) I think Americans are one of the most nicest and social people I’ve met. That was also one of the biggest differences between touring Europe and the US, besides how you’re treated in other aspects – mostly you don’t get any food, money or sleeping places at the shows, which sucks – but people are so nice and just randomly comes up and talk to you, especially after the shows. Almost every night, after we’d played, someone would come up to us just to shake our hands and speak to us. I guess this could be because of how they don’t get that many international bands playing there, but still, this was really nice. I can discuss the difference about Europe and the US for a really long time. There are definitely differences, both better and worse things about touring the US, but in summary: we really wanna go back there, if we ever get the opportunity.

Sweden has a pretty active hardcore scene. There are quite a lot bands from there that get to play high quality hardcore punk and tour quite a lot. How is this possible, in your opinion?

It’s pretty active, but mostly extremely divided unfortunately. There are a few bands, but compared to like American bands, I wouldn’t really agree. But I mean yeah, Sweden has always been a pretty big music exporter, which feels kind of weird since it’s such a small country. I don’t know why this is. In Stockholm for example we’ve had quite a solid hardcore scene since 2007-2008. In 2009, me and a handful of people started a booking organization called Stockholm Straight Edge and we started putting up drug free shows. In 2010, we had a growing local scene with a lot of bands popping up. We were able to have shows with only local bands, which was cool. Lately we’ve had a lot of bands going on hiatus and some not being as active as before. But I think with Stockholm Straight Edge it’s still a pretty solid thing. We do shows with a lot of different kinds of alternative music. We try to keep the growing numbers of tough guy, macho-hardcore bands to a minimum and do a lot of screamo, grind and post-hardcore shows.

One thing you just have to accept is that hardcore is subject to trends, right now you either wear Nikes and listen to tough-guy and old-school hardcore, or you dress in skinny jeans and listen to More Than Life and bands like these. We, No Omega, we just try to be kids, stay true to playing the music we love, to DIY, veganism, anti-homophobia, anti-sexism, anti-fascism (and straight edge). Hoping that there will come a time again when people will be more open to different kinds of music, where people will care more about these meaningful and important ideas that used to be the most important things and not what clothes to wear, or that you listen to the “right” kind of bands.

What’s the weirdest experience that you happened to live on tour with No Omega?

OK, we’ve been discussing this for a couple of days now… and I think we finally concluded that what happened in Marseille on the Europe tour of winter 2011 with Full Of Hell was the weirdest experience for us so far.

It starts with when we arrive at the venue; it’s a pretty run-down punk bar. Not a lot happens except for a bunch of sketchy people running around at the place, until this girl shows up (she’s apparently the promoter). She’s just all over us the whole evening and says strange things to us all the time… she takes pretty good care of us, but when serving us food she’s asking us things like “how can you survive on a vegan diet? How can you survive when you’re just eating vegetables!?” She goes on like this the whole evening.

The show itself is kind of lame and there’s just a bunch of drunken punks there. No one seems to really care about either us or Full Of Hell. After the show we just wanna go to sleep and the girl is pretty annoyed that we don’t want to stay at the bar and party, but finally she agrees to take us to where we are sleeping.

The sleeping place weren’t that far away from the venue, and it was also actually upstairs of a small info-book shop (more like a loft, the way that you could stand on the top floor and look down into the book shop), which was actually pretty cool. Some of us stay there, at the book shop, while like two guys from Full Of Hell and Kristoffer (our driver) go to park the van on some nearby street. Us, in the book shop, we’re all also thinking like “finally we have some peace, getting free of that girl” (since she was giving us such a hard time).

A few minutes later, the two guys from Full Of Hell and Kristoffer comes kind of running back into the book shop, and it turns out that Dylan, the singer from Full Of Hell, had told the girl to “shut the hell up”, because she was like screaming at Kristoffer that he was parking the van all the wrong ways. She had just gotten completely quiet when Dylan told her, and sort of left – probably gone back to the bar. So, now we’re all like “shit, what’s gonna happen now? She’s probably not very happy about this”.

About three o’clock in the morning, we all wake up from the girl and some friends of her arriving at the book shop. They start putting on this terrible, loud techno music, I think, and apparently, doing cocaine and maybe some other drugs, while we’re sleeping upstairs, as like a revenge for Dylan telling her to shut up. What the fuck!? We were a bit worried about what was to follow, but they actually never came upstairs. I finally managed to go back to sleep, but we were super eager to get the hell out of there in the morning! We haven’t had any contact with this promoter since.

Let’s talk about “Shame”, your latest release (Throatruiner Records). What’s the difference between this album and the previous “Metropolis”?

We sat down after the summer tour we did in 2012 and talked about the new record, what we wanted to achieve. It was obvious that it would be something different from “Metropolis”. We felt that with the EP, we had really created something special, the way we mixed hardcore and metal. But with “Metropolis” we just felt that we had emphasized on the hardcore part of our sound a bit too much. We love experimenting way too much for that. Some of us had also just fallen so much in love with blast beats, that we knew that that was something we wanted more of on our new record. So we wanted less d-beat parts and more metal and blast beats on the new record. We kept experimenting with song structures (like we’ve done on the previous releases). We feel that we’ve been able to develop our own sound more on “Shame” than on “Metropolis”. This also goes for the amount of time we had for song writing, the writing for “Metropolis” were a bit more stressed and we really struggled just before the pre-production to have enough songs. But for “Shame” we had an abundance of songs and we had the possibility of even picking out which songs we wanted to go on the record. We also actually planned to have enough songs to release a split 7” later this year. This didn’t work out eventually, but we ended up with a bonus track for the album plus a b-side and a single version of “Below”.

What’s the plan for No Omega when back from this tour? Anything planned?

The plan is to try and recover from the latest line-up changes we’ve had. Losing your vocalist is a pretty big thing, but we’ve decided to continue without him. So once we decide on the new line-up we’re gonna start jamming and writing a new EP. Since we’ve played a show almost every third day this year, we really look forward just start playing music for ourselves in our rehearsal room and try to further develop or sound. It’s gonna be nice to write an EP and not another full-length as well, since there is a lot more stress and work that goes into trying to make sure that the songs on a full-length work together. We hope to put as much work into this new EP like we did with “Shame”, but this time just really focus on that the songs reach their full potential. We hope to record some time in April and possibly do a tour around May. So we’re definitely taking some time off.

Thanks for replying, see you on tour in Italy from December 6th to December 11th!

Info:
http://noomega.bandcamp.com/
https://www.facebook.com/noomega

Italian shows:
6 Dicembre – Milano, ZAM
7 Dicembre – Ancona, Glue Lab
8 Dicembre – Vigodarzere (PD), Seven Live
9 Dicembre – Bologna, Freakout Club w/ Brutal Truth
10 Dicembre – Prato, No Cage
11 Dicembre – Modena, La Tenda

Info italian shows:
www.indiebox.org
www.epidemicrecords.net

LEFT IN RUINS: “Ghost” European Tour 2013 dates announced!

Left In Ruins, new member of the Epidemic Records family is about to leave for some dates all over Europe to promote their new album “Ghost“!

Check out the tour dates!

Event on Facebook: https://www.facebook.com/events/697527473620563/

8.11 Saronno (Italy) @ Telos w/ Tumulto
9.11 Bologna (Italy) @ Atlantide w/ Attrito
10.11 San Zenone degli Ezzelini (Italy) @ Punky Reggae Pub w/ Dogs For Breakfast, Shizune

14.11 Coimbra (Portugal)

15.11 Porto (Portugal) @ Amaemformo w/ Blowfuse, Shitmouth and more
16.11 Lisbon (Portugal) @ Associação Joaquim Xavier Pinheiro NO BORDER FEST w/ Shitmouth, Revengeance, The Skrotes and more

22.11 Schaffhausen (Switzerland) @ Neustadt 52 *

23.11 Tubingen (Germany) @ Hegelstraße *
24.11 Leipzig (Germany) TBC *
25.11 Mainz (Germany) @ Kulturcafe *
26.11 Bielefeld (Germany) @ AStA-Keller / FH-Bielefeld w/ Unrest *
27.11 Hannover (Germany) @ Juz Korn *
28.11 Berlin (Germany) @ Kadterschmiede w/ Vowels, Nervous *
29.11 Giessen (Germany) @ AK44 w/ The Rodeo Idiot Engine, Afterlife Kids and more
30.11 Utrecht (Netherlands) @ dB’s Studio w/ Cheap Drugs, The Kids´ Crusade
1.12 Antwerpen (Belgium) @ Antifa-Brick w/ This Routine Is Hell, Cheap Drugs, Bite Down
2.12 Bristol (Uk)
3.12 Leeds (Uk) @ Temple Of Boom
4.12 Hull (Uk)
5.12 London (Uk) @ The Unicorn Live w/ Concave, Employed To Serve, Throneless
6.12 Amsterdam (Netherlands) @ OCCI
7.12 Koln (Germany) @ Privat w/ Kumulus (release party)
8.12 Stuttgart (Germany) TBC

http://leftinruinspunk.bandcamp.com/

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ZECgceSzT7k

*w/ Death by Pleasure (garage/lo-fi/punk, Italy)

Info:
www.facebook.com/leftinruins

 

MIXTAPE: Marcella Spaggiari (End Of A Season): i miei dischi fondamentali.

Marcella Spaggiari, emiliana d’origine, frequenta la scena hardcore dal 1993 circa.

Marcella ha cantato negli Egotismo, è stata basso e voce in Killerkaoalagrindcore , voce in No Somos Nada.

Ha stretto collaborazioni con Antisgammo, Los Vaticanos e Society Of Jesus e di recente è diventata componente stabile degli End Of A Season, dove canta.

Dal 2007 è attiva con una DIY label (The Fucking Clinica) ed ogni tanto organizza qualche concerto.

Ecco quali sono i dischi fondamentali per lei nella scena internazionale e nella scena italiana del presente e del passato!

 

Scena Internazionale:

Born against http://www.youtube.com/watch?v=RqieMxgWLxo
Man is the bastard (all) “Thoughtless” http://www.youtube.com/watch?v=dgIJEhKcO4U
Man is the bastard / the locust http://www.youtube.com/watch?v=dM-GLdqtQ68
Rorschach (all) “Protestant” http://www.youtube.com/watch?v=Dyprzmd3rVw
Infest “Slave” http://www.youtube.com/watch?v=LbSVwqj_gog
Acme 7″ http://www.youtube.com/watch?v=q7iYxYFd_jU
Swing kids/Spanakorzo 10″ http://www.youtube.com/watch?v=i1H1VJpn3OA
Struggle http://www.youtube.com/watch?v=jzYfV8LBNWI
Spazz (all) “La revancha” http://www.youtube.com/watch?v=7tFXj9L5rvo
Suppression/Cripple bastards 10″ http://www.youtube.com/watch?v=DFOVAnLAA_U
Neanderthal 7″ http://www.youtube.com/watch?v=gkiQS1_VpjY
Charles bronson discography http://www.youtube.com/watch?v=nEQD2Utliis
Crossed out 7″ http://www.youtube.com/watch?v=BuPqcxCf-D0
Assuck “Anticapital/ Blindspot” http://www.youtube.com/watch?v=-pcmYNrCs24
Unbroken “Life, love, regret” http://www.youtube.com/watch?v=V8nAM4hCyv0
Napalm death “Scum” http://www.youtube.com/watch?v=hs_9Lx8F6Sw
Neurosis “Throught silver in blood” http://www.youtube.com/watch?v=b_B8ITIhiBk&list=PL6A2F5F2CDB77542E
Brutal truth “Sounds of the animal kingdom”  http://www.youtube.com/watch?v=ZznyqxYLo8s&list=PL67A249ACC2466B2D
Floor “Self titled” http://www.youtube.com/watch?v=yH5yH03Tlp4&list=ALBTKoXRg38BDOad17GzIRAvczeF8wl90z
Cursed “I” http://www.youtube.com/watch?v=Rgdfyr3xe4U
Cavity 7″/ “Supercollider” http://www.youtube.com/watch?v=m_FrU6UF-dU
Noothgrush/ Corrupted http://www.youtube.com/watch?v=uGwesHLStWw
Noothgrush “Erode the person” http://www.youtube.com/watch?v=2OeQhwneJys
Grief “Come to grief” http://www.youtube.com/watch?v=8QWnS2tf1oA
Sunno/boris http://www.youtube.com/watch?v=QXdsiHtrROA
Boris/Tomsk 7 7″ http://www.youtube.com/watch?v=4t-5JWzx4ZU
Eye hate god “In the name of suffering” http://www.youtube.com/watch?v=Sqku7Nb3z88
Soilent green http://www.youtube.com/watch?v=Gf4HV72iJPs
His hero is gone (all) http://www.youtube.com/watch?v=YdGE8fFtmwc
Los crudos discography http://www.youtube.com/watch?v=UCrcoGtQDtQ
Dystopia (all) http://www.youtube.com/watch?v=d1g1ZOzJc78
Minor threat “Out of step” http://www.youtube.com/watch?v=XpFAWNWYa6s
Nasum “Inhale, exhale” http://www.youtube.com/watch?v=HtucQjYa7Mc
Agoraphobic nosebleed (all) http://www.youtube.com/watch?v=oMoRrk95H5M
Converge (all) http://www.youtube.com/watch?v=52g3E3oEnzI
Karp “self titled” http://www.youtube.com/watch?v=aJbbfQO4JeY
Catharsis “Samsara” http://www.youtube.com/watch?v=_gS4gfQR7x8
Iron monkey “Our problem” http://www.youtube.com/watch?v=Drf3YtdcpEk
Slayer “South of heaven” http://www.youtube.com/watch?v=NbGqPRFyHtg
Sleep “Dopesmoker” http://www.youtube.com/watch?v=kJhRNnG65ps
Bongzilla “Gataway” http://www.youtube.com/watch?v=EZlmw7_oLq0
Botch “We Are The Romans” http://www.youtube.com/watch?v=brqZ6jZiOFE
Botch “American Nervoso” http://www.youtube.com/watch?v=qICKa4p1Ic8&list=PLSaxtZAdX1iekeL6rHTHwJR6VDSB0BIoH

Band italiane presenti e passate:

Comrades (all)
Grievance/ Soar 7″
Concrete (all)
Los vaticanos (all)
Mindless collision/With Love 7″
By all means “Fino a qui tutto bene”
Society of jesus/Substance, “Dei miracle” 7″/ inediti
Fucking blood cdr
Notorius 7″/ “La danza dei nervi”
Inferno/Ovo/Psychofagist split
Germanotta youth (all)
Lili refrain (all)
Atoll (grande sorpresa/scoperta da Perugia con furore)
Dead elephant (all)
Fuoco Fatuo/Black temple below
Si non sedes is (all)
Strage
Hierophant
Grime demo/ “Deteriorate”
Ooze demo
Tons “musinee”
Tons/lento split
Holy (all)
A flower kollapsed 10″

Info:

https://www.facebook.com/endofaseason

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